Con il primo gennaio 2014 decadrà infatti la legge Pead (Programma Europeo di Aiuti Alimentari agli Indigenti) che, dal 1987,
ha assicurato ogni anno per tutti i Paesi dell'Unione europea generi primari alle associazioni di volontariato, corrispondenti ad un valore annuo complessivo di 580 milioni di euro. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi a Firenze in occasione di un convegno promosso dal Banco Alimentare sui problemi dell’emergenza cibo. “Solo in Toscana – ha detto tra l’altro Andrea Giussani, presidente della Fondazione Banco Alimentare onlus - ci troveremo improvvisamente privati del 50% degli alimenti da distribuire. Una situazione che si riverserà, a cascata, sulle strutture da noi assistite quali Caritas, Croce Rossa, Comunità di Sant'Egidio''. Nell’Unione europea 79 milioni di persone vivono ancora al di sotto della soglia di povertà e, nel 2011, 18 milioni di cittadini europei hanno beneficiato del Pead. “Riteniamo primario che l’azione UE e del nuovo governo italiano nella lotta allo spreco alimentare – ha detto ancora Giussani - sia indirizzata principalmente a incentivi che incoraggino il recupero delle eccedenze alimentari.
Lottare contro lo spreco è una responsabilità di tutti e una questione di responsabilità sociale’’. L’allarme alimentare trova conferma anche nell’indagine “Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità” realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà e dal Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia, presentata nel corso del convegno, che rileva che ogni anno in Italia vengono buttati via e non sono più recuperabili per uso alimentare, 12,3 miliardi di euro di cibo consumabile.
In Toscana nel 2012, il Banco Alimentare ha assistito oltre 100 mila persone distribuendo 3.131 tonnellate di generi alimentari e la previsione è che nel corso del 2013 i
bisognosi aumenteranno del 15-20 per cento. Ogni toscano butta via 90 chili di cibo ogni anno (media nazionale 94), con uno spreco stimato in circa 340 mila tonnellate distribuito su tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione nei campi alla grande distribuzione, dai piccoli negozi alle famiglie.
''Dai nostri dati – ha detto Alessandro Perego, curatore della ricerca -, emerge che quasi il 50% delle eccedenze è recuperabile per l’alimentazione umana con relativa facilità. Occorre un gioco di squadra in cui le aziende della filiera, cooperative di agricoltori, produttori, grande distribuzione, catene di ristoratori, collaborino con intermediari qualificati in un contesto normativo che tenda a garantire la qualità senza però creare inutile burocrazia”.
* Articolo pubblicato sul n. 107 di Coopinforma (giugno 2013)
Pao. Ma.
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