La grande filosofa ungherese ha presentato a Firenze “I miei occhi hanno visto"
di Paolo Maggi
“Quando parliamo del mondo parliamo della storia del mondo e
nessun periodo storico è stato semplicemente bello, piacevole e positivo, c’è
sempre crudeltà, povertà, dolore. Se mi sento responsabile verso il mondo non
posso dire che questo mondo è bello. Ma posso dire che ci sono persone buone e
questo è molto bello” così la grande filosofa ungherese Agnes Heller ha
spiegato il suo pensiero sulla bellezza del mondo in una biblioteca delle
Oblate a Firenze, stracolma di gente in occasione della presentazione dell’ultimo
libro sulla sua vita e il suo pensiero “I miei occhi hanno visto”. All’evento,
promosso dalla rivista Testimonianze e dall’associazione “Politica e Società”
hanno partecipato Severino Saccardi, Simone Siliani, Vittoria Franco, Dario
Nardella e i curatori del libro Francesco Comina e Luca Bizzarri.
“Agnes è un’amica e una maestra che continua a scrivere,
pensare e inventare forme nuove di espressione del pensiero” ha detto fra l’altro Vittoria Franco,
senatrice e filosofa dopo il saluto del sindaco di Firenze Nardella e aver
ricordato i giorni passati insieme alla Heller nel 1995 a Firenze, nel corso di
una lunga intervista pubblicata sulla rivista Iride.
“Mi sono servita spesso delle sue riflessioni per la mia
ricerca – ha aggiunto Vittoria Franco -. In particolare quelle sul concetto di “individuo
contingente” con il quale la Heller definisce l’individuo moderno come avvolto
in una busta senza indirizzo. Tocca a lui scriverlo. Nel mondo pre-moderno l’indirizzo era scritto sulla busta, gli
uomini e le donne della modernità sono tutti contingenti, non pre-destinati”.
Nata nel 1929
a Budapest da famiglia ebrea Agnes Heller da marxista a
liberal-democratica, dissidente e esiliata, racconta nel libro-intervista il
suo pensiero e la sua vita attraverso il secolo dei totalitarismi e delle
utopie. Il padre anarchico, la vita nel ghetto, la nascita e gli sviluppi della
sua amicizia con Gyorgy Lukàcs, la bomba di Hiroshima e l’equilibrio del
terrore atomico, la dittatura nel suo paese e il crollo del sistema sovietico,
la globalizzazione e i problemi del pianeta.
Il primo capitolo de “I miei occhi hanno visto” racconta del
suo primo viaggio in Italia, nel 1960
descritto dalla Heller come una delle esperienze più importanti della
sua vita. Fu quel viaggio In Italia e nella “sua Firenze” a ispirarle “L’uomo del Rinascimento”, il
libro che divenne la premessa per il grande successo che ebbe poi con “La
teoria dei bisogni”, testo chiave della Scuola di Budapest, rilettura
umanistica del marxismo che le procurò persecuzioni in Ungheria e sollevò
rinnovate speranze in tutto l’Occidente.
Una parte importante del libro è dedicata ad Auschwitz dove
morì suo padre, mentre lei rimase nel ghetto di Budapest con la mamma fino alla
liberazione. “Tutte le volte che in questo libro ho raccontato una storia – ha
detto la Heller rispondendo alle domande di Saccardi, tradotte simultaneamente
da Siliani – ho anche elaborato una riflessione sui temi affrontati in
quell’esperienza. Fra questi la Shoàh è naturalmente la più terribile. Ma posso
dire che anche in momenti così tremendi
ho conosciuto aspetti del bene”. “Anche nei campi di concentramento
tedeschi e nei gulag, che sono la somma del male - ha detto Heller - ho avuto
esperienze di buone persone”. Rimanendo in Italia poi ha ricordato Primo Levi
che riceve un pezzo di pane dal suo persecutore. “Non si tratta solo di un
pezzo di pane – ha detto ancora la filosofa - ma della consapevolezza che
esistono persone buone. E questo mi ha dato la speranza, il bisogno di rimanere
viva”.
Nota: articolo pubblicato sul numero 104 di Coopinforma (www.coopinforma.it).
Nota: articolo pubblicato sul numero 104 di Coopinforma (www.coopinforma.it).
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