Nella città messicana oltre mille giovani donne scomparse in 15 anni. Quasi 500 sono state ritrovate uccise dopo orrende violenze. Giglio d'oro di Firenze a Marilesa Ortiz Rivera.
di Paolo Maggi
Lilia Alejandra Garcia Andrade aveva 17 anni quando venne assassinata, nel 2001. Il suo corpo martoriato e torturato venne ritrovato in un terreno vicino alla fabbrica dove lavorava nella città messicana di Juarez nello stato del Chihuauha, al confine con gli Stati Uniti. Un tragico destino che la lega ad altre mille donne che dal 1993 ad oggi sono scomparse a Ciudad Juarez, e di queste quasi 500 sono state ritrovate morte. Le vittime di età media tra i tredici e i venti anni hanno tutte caratteristiche simili: sono giovani ragazze di modesta estrazione sociale, operaie o studentesse, che prima di essere assassinate vengono terribilmente seviziate e torturate. Spesso il viso appare massacrato e irriconoscibile e in alcuni casi il corpo bruciato. Il femminicidio di Ciudad Juarez rappresenta un caso estremo di violazione dei diritti delle donne e dei diritti umani che si persevera inesorabilmente da molti anni nel silenzio complice delle autorità locali. "La mancanza di indagini - dice Marisela Ortiz, attivista in difesa delle vittime di Ciudad Juarez - accresce l'impunità e con questa il rischio di violenza sulle donne in una società maschista in cui le donne non hanno diritti. Vengono utilizzate come manodopera a basso costo per le tante fabbriche di assemblaggio di prodotti statunitensi".
Marisela Ortiz, psicologa e insegnante che aveva in Lilia Alejandra una delle sue migliori allieve, in giro nel mondo e di passaggio in Toscana porta la voce di "Nuestras Hijas de regreso a casa" ("che le nostre figlie ritornino a casa"), l'associazione nata nel 2001, costituita da familiari e amici vicini alle giovani assassinate e desaparecidos, impegnata a far sì che l'opinione pubblica sostenga la denuncia del fenomeno del "femminicidio" in atto a Ciudad Juarez. Marisela si batte contro l'omertà della gente e la corruzione delle istituzioni subendo intimidazioni e attentanti e proprio questo suo impegno è diventata una delle attiviste più stimate, in cima alla lista di Amnesty International, tra le persone da tutelare. Nel maggio del 2007 un suo intervento alla Camera ha spinto il governo italiano a inviare una nota di biasimo al presidente Messicano Calderon. Ma l'ultimo importante successo dell'impegno di Marisela Ortiz e della sua associazione è arrivato l'11 ottobre scorso, quando il Parlamento europeo ha emesso una risoluzione di condanna alle violenze di genere nell'America centrale, con particolare riferimento al Messico e alle efferatezze di Ciudad Juarez. Torino le ha conferito la cittadinanza onoraria e, proprio nell'ambito della giornata mondiale contro la violenza sulle donne la città di Firenze le ha consegnato, il 24 novembre scorso, nel corso di un Consiglio comunale straordinario, il "Giglio d'oro" con l'impegno dichiarato dall'assessore alle relazioni internazionali Giani e ribadito dalla Commissione Pace di intervenire ufficialmente nei confronti dell'Amministrazione della città messicana e di avvalersi della capacità evocativa di Firenze nel mondo per aiutare l'impegno di "Nuestra Hijas de regreso a casa".
La città messicana vive ormai da oltre 17 anni nella paura. Alcune donne, quando sono sole, indossano sempre più spesso vestiti da uomo in modo da non attirare l'attenzione. Una situazione che si è drammaticamente estesa dall'enorme quantità di "maquiladoras" o maquilas, fabbriche possedute o controllare da ditte straniere in cui avvengono trasformazioni o assemblaggi di componenti temporaneamente esportati da paesi maggiormente industrializzati in un regime di duty free ed esenzione fiscale. In queste aziende le donne, giovani donne, vi lavorano dalle 12 alle 16 ore di fila e se reclamano vengono sbattute fuori.
Prima del 2001, i cadaveri delle vittime violentate e strangolate venivano sempre ritrovati, ma da quando le inchieste si sono moltiplicate, i corpi hanno cominciato a scomparire nel nulla.
Far scomparire i corpi delle donne assassinate è diventata una specialità della criminalità locale. Si sono fatte molte ipotesi sulle ragioni di queste violenze: riti satanici, orge, venditori di organi, sacrifici umani. Le opinioni di criminologi e antropologi convergono sempre più sul fatto che si tratti di riti per inserirsi in bande mafiose. “Si è cercato di mettere insieme tasselli per capire questi crimini - ha detto Marisela Ortiz -, abbiamo studiato i dossier e i casi, nomi, date, luoghi di sparizione-ritrovamento-posizione dei cadaveri, tipo di torture subite. Ha cominciato a delinearsi un quadro impressionante, c’erano analogie e corrispondenze, gli stessi funzionari negligenti, dettagli che si ripetono. Tutte le vittime sono giovani e belle, sono sequestrate per settimane, uccise, sfigurate e mutilate con accanimento e sadismo disumani”.
Secondo testimonianze e documenti, gli assassini sono protetti: si moltiplicano coincidenze che sembrano stabilire un legame con narcotraffico, polizia e militari.
La missione di Nuestras Hijas de Regreso a Casa è quella di ottenere giustizia sia giuridica che sociale. Le famiglie che ne fanno parte hanno cercato di trasformare in forza il loro dolore.
Ciudad Juárez è una città di frontiera che conta circa un milione e mezzo di abitanti ed è situata in una regione desertica dello stato di Chihuahua al confine con gli Stati Uniti, a quattro chilometri da El Paso, Texas. Juárez sorge sulla linea di 3.500 Km di frontiera che separa il mondo sviluppato dal mondo in via di sviluppo: la sola frontiera al mondo ad avere questa particolarità.
Ciudad Juárez attira le popolazioni povere degli stati dell’interno che arrivano a centinaia ogni mese alla ricerca di un lavoro o per tentare di attraversare il confine. Si stima che il 35% della popolazione economicamente attiva di Ciudad Juárez sia costituita da emigrati, sia uomini che donne.
Dopo la firma dell’ALENA (1992, accordo di libero scambio nordamericano tra Canada, Stati. uniti e Messico), Ciudad Juárez è diventata la più importante zona franca industriale di tutto il Messico. Nel 2003 c’erano 269 maquiladoras e 197 mila lavoratori e lavoratrici. Secondo le statistiche ufficiali nello stato di Chihuahua, le donne occupano il 48,3% dei posti di lavoro disponibili e hanno in media tra i 20 e i 22 anni ma si trovano anche delle minorenni (in Messico l’età legale per lavorare è 16 anni).
Il Film"Bordertown"
Jennifer Lopez, Antonio Banderas e Sonia Braga interpretano altrettanti protagonisti di "Bordertown" (Usa, 2006, film di Gregory Nava, ispirato alle centinaia di femminicidi perpetrati a Ciudad Juárez. Lauren Adrian (Jennifer Lopez) lavora come reporter per il Chicago Sentinel e vorrebbe un incarico di corrispondente dall’estero. Il suo direttore la invia invece nella cittadina messicana di Ciudad Juárez, quasi al confine con gli Stati Uniti, in cui da tempo si verificano casi di stupro e omicidio ai danni delle giovani donne che lavorano presso le maquiladoras. Non potendo contare sulla polizia, Lauren si rivolge al collega Alfonso Diaz (Banderas) ed entra in contatto con Eva (Maya Zapata), l’unica vittima a essere sopravvissuta; lavorando sotto copertura in una delle fabbriche, la giornalista mette a rischio la sua vita per far luce sui delitti.
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