10 settembre 2013

In mille per dire no alla messa all'asta della tenuta di Suvignano


In mille hanno marciato a Monteroni d'Arbia per chiedere che la tenuta di Suvignano, confiscata alla mafia per volere di Giovanni Falcone, non finisca all'asta così come deciso nelle settimane scorse dall'Agenzia Beni Confiscati.
"Suvignano è un simbolo - ha detto il sindaco di Monteroni, Jacopo Armini - il governo deve intervenire. I progetti per farne un luogo virtuoso, economicamente e socialmente, ci sono. Venderla vorrebbe dire rischiare di farla finire di nuovo in mano alle mafie".
L’azienda agricola di Suvignano è il bene confiscato più grande del centro Italia. In sequestro dal 1994, dal 2007 tale bene attende di trovare una destinazione. Fin da subito gli Enti Locali si sono attivati presentando una concreta proposta per il riutilizzo sociale dell’azienda. Lo scorso mese di gennaio è stato posto all’attenzione del Ministero degli Interni un piano di valorizzazione economica e sociale, basato su agricoltura, filiera corta, energie rinnovabili e l’apertura di una scuola di legalità destinata ad accogliere giovani in sinergia tra la Regione Toscana, la Provincia di Siena, il Comune di Monteroni d’Arbia, Arci e Libera. Dopo altri 7 anni senza frutti e un primo tentativo di vendita nel 2009, qualche settimana fa l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati ha di nuovo proposto la vendita all’asta di Suvignano per 22 milioni di euro. Riteniamo che la scelta di vendere all’asta i beni confiscati sia un grave errore sia politico che culturale. Il riutilizzo dei beni è infatti il più importante strumento per sottrarre consenso alle organizzazioni criminali, riaffermare la legalità, creare opportunità di lavoro e sviluppo sociale.
La vendita non garantisce tutto questo e, non si dimentichi, in essa è contenuto il rischio che i beni confiscati vengano di fatto restituiti ai mafiosi a cui sono stati sottratti. Per queste ragioni Domenica 8 settembre, il Comune di Monteroni d’Arbia assieme alla Regione Toscana, alla Provincia di Siena, ad Arci Siena, a Libera Siena, a Cgil e ad Avviso Pubblico hanno promosso la manifestazione all’interno dell’azienda confiscata, per bloccare il percorso di vendita all’asta della tenuta agricola di Suvignano.Manifestiamo insieme 
per dire
NO alla vendita all’asta dell’Azienda Agricola di Suvignano (Monteroni d’Arbia)
SI al progetto di sviluppo economico e di riutilizzo sociale che coinvolga gli attori del territorio
SI alla cultura della legalità
e per Chiedere al Governo e al Parlamento
a) di intervenire immediatamente sulla vicenda della tenuta confiscata di Suvignano e di fermare la procedura di vendita, superando i limiti di legge oggi esistenti anche attraverso le proposte contenute nell’iniziativa “io riattivo il lavoro”;
b) di aprire un tavolo istituzionale per attuare il progetto di riutilizzo sociale e di rilancio dell’azienda presentato da Regione, Provincia e Comune;
La manifestazione di domenica 8 settembre inizierà con la Marcia della Legalità organizzata da Coop Centro Italia (sezione soci Chianti, Crete, Siena e Valdarbia) con raduno alle 9.30 alla Coop di Monteroni d’Arbia.
Il concentramento è fissato alle 11 lungo la SP34 per Murlo, a circa 1km dalla tenuta di Suvignano, presso le stalle dell’azienda.
La manifestazione è aperta all’adesione e alla partecipazione di tutti i soggetti associativi, le forze politiche e sociali, e tutti i cittadini che si riconoscono in questa battaglia di legalità.

lettera di don Luigi Ciotti a Don Andrea Bigallo, coordinatore di Libera in Toscana

Caro don Andrea, cari amici,
dispiaciuto non poter essere con voi, Voglio ringraziarvi per un’iniziativa che nasce dal senso di corresponsabilità e dall’impegno per la giustizia sociale. A scanso di equivoci, voglio ribadire che Libera non ha mai considerato la vendita dei beni confiscati un “sacrilegio”. In alcune circostanze la vendita può essere inevitabile e perfino auspicabile. Mi chiedo però se sia questo il caso della tenuta di Suvignano, bene di rilevante valore economico ma dalle non meno grandi potenzialità socio-culturali e quindi economiche, come ravvisa il progetto che vede coinvolti con impegno e passione enti locali e realtà associative proprio per farne un polmone di dignità e lavoro, nel segno di una piena e doverosa autosussistenza.
Interrornpere quel percorso, sia pure per serie ragioni di contingenza economica, significherebbe minare l’impegno di tanti e quindi una più generale speranza di cambiamento, perché solo assumendoci ciascuno 1a propria quota di responsabilità possiamo superare una crisi che e etica prima che economica. Ma vorrebbe dire anche tradire il senso di una legge che salda la lotta alle mafie con un più ampio progetto di rinnovamento sociale. Sconñggeremo le mafie solo unendo l’azione repressiva con le politiche del lavoro, con i servizi sociali, con quei progetti educativi capaci di risvegliare le coscienze e bonificare le aree d’illegalita, corruzione, abuso che aprono la via al potere mafioso. Ecco perche’, corne voi tutti, mi auguro che si trovino soluzioni per non vendere Suvignano. Nella consapevolezza, però, che nel frattempo occorre impegnarci
tutti per rendere gli strumenti giuridici più incisivi, facilitare i percorsi di confisca e riutilizzo dei beni, destinare i soldi liquidi delle rnaÍie in via prioritaria ai famigliari delle vittime e ai testimoni di giustizia e accogliere le proposte avanzate dalla stessa “Agenzia dei beni conůscati” sulla necessità di estendere alle aziende le norme vigenti per i beni immobili, perché possano essere rilevate gratuitamente dallo Stato e dagli enti territoriali e restituite all’uso sociale. Ma non vendiamo – se non proprio come “extrema ratio” – realtà che possono essere la base di un Italia diversa, impegnata non solo a contrastare le matie ma a saldare le logiche economiche con la tutela dei diritti, la crescita delle speranze, l’affermazione della giustizia sociale.

Buon cammino

don Luigi Ciotti
da Torino 7/9/2013


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